Cibo. Risorse. Estinzione. Sviluppo dell'ecosistema. Vita/morte. Due modelli in competizione: produzione non sostenibile delle coltivazioni industriali su vasta scala attraverso sementi ibride geneticamente modificate (OGM) monopolizzate da voraci colossi-predatori della biotecnologia e dell'agrochimica (Monsanto, Syngenta, Dow, Dupont, …), e commercio globalizzato sotto il controllo di un manipolo di multinazionali del business quali Cargill, Adm, Pepsico,… . Piccole fattorie, piccoli sistemi organizzati a misura d'uomo con metodi di produzione interna organico-ecologici il cui basso costo risulta accessibile a chi intende produrre per sopravvivere, per un consumo quotidiano in equilibrio con la natura ed i suoi cicli millenari. Cibo "industriale", fonte di disparità socio-economica e di insicurezza alimentare. Dispendio globale. Tecniche industriali applicate all'agricoltura perché "altamente efficienti e produttive", quando invece quelli a tutt'oggi applicati denotano scarsi livelli di resa. Vile ricatto. Piccoli raggruppamenti biodiversificati ad elevato rendimento di produzione per ettaro di biomassa e nutrienti. Effettivo utilizzo delle risorse. Effettiva riciclicità del sistema ambiente. Scientificità fraudolenta. Pesticidi, organismi geneticamente modificati, l'inganno chimico. Malnutrizione, ineguale distribuzione delle risorse. Fame…non come mancanza di cibo, quanto come impossibilità di accedervi. Globalizzazione di dominio. Aumento dei costi dei fattori produttivi per gli agricoltori del Terzo Mondo, e diminuzione dei prodotti disponibili. Passaggio involutivo da sementi impollinate all'aperto, prodotte e conservate in fattorie, a sementi ibride o modificate, non rinnovabili. Indebitamento. Suicidio. Natura mercantizzata. Natura a prezzi di ricatto. Tortu(natu)ra. Esproprio. Sementi che il piccolo agricoltore deve comprare ogni anno dal colosso che ne detiene il "diritto di vendita" (natura stuprata e venduta). Risposta genetica all'abbandono di farmaci ecologici. Forme a rigetto. Nuovi prodotti di disinfestazione. Fertilizzazioni inorganiche. Desertificazioni. Impatti meteoclimatici. Impatti fisiologici sulla biosfera. Tumori. Malformazioni congenite. Morte. Forti sussidi all'esportazione, riduzione artificiosa dei costi delle partite destinate ai mercati esteri, prezzi costruiti dalle multinazionali. Morte. Pochi su tutto. Sostegno: conservazione delle risorse, protezione dell'ecosistema, generazione di mezzi di sussistenza, protezione delle colture, salvaguardia della salute degli individui. Morte. Sussidi: vantaggi e profitti sui privati, incrementati attraverso la distorsione dei prezzi. Morte. A quale prezzo? Crollo dei piccoli sistemi interni. Morte. Estinzione delle specie. Morte.
Un esempio
Una multinazionale che fa causa alle sue vittime.
Notte tra il 2 e il 3 dicembre 1984. Dow Chemical- Union Carbide, colosso mondiale della chimica industriale. Stabilimento di Bhopal (India), produzione di pesticidi per il controllo degli infestanti su colture agricole a vasto raggio. 40mila tonnellate di gas letale fuoriuscite in poche ore a seguito di un'esplosione negli impianti di miscelazione. 8mila morti in tre giorni, 500mila persone seriamente intossicate. Almeno 20mila abitanti della zona circostante la fabbrica deceduti nel corso degli anni per gli effetti indiretti conseguenti al disastro. Isocianato di metile e acido cianidrico. Graduale soffocamento spasmodico. 40mila metri quadrati in cui vivevano 500 mila individui. Dati resi noti dalla multinazionale in accordo con il governo indiano. Reticenza nel dare spiegazioni sull'accaduto. Carne da macello. Inquinamento. Effetti catastrofici nel tempo. Epidemie. A tutt'oggi, nessuna operazione di bonifica dell'area. Prodotti letali stoccati nelle medesime condizioni di 20 anni fa, nessun intervento. Bidoni di sostanze chimiche che continuano ad inquinare la falda acquifera e i campi coltivati. Tumori, aborti, nascite con malformazioni. Statistica, non casualità. Anni su anni in cui la Union Carbide sta' tentando di minimizzare la portata dell'episodio per deresponsabilizzarsi dai fatti. Causa ufficiosa: tagli sugli investimenti nelle misure di sicurezza. Causa istituzionale: errore umano. Condizioni di lavoro? Anno 2002, stagione dei monsoni: accordo di risarcimento tra il governo indiano e la multinazionale. 473milioni di $…ovvero circa 400$ a vittima. Il prezzo della vita. Fatturato annuo della Dow Chemical- Union Carbide: 26,5 miliardi di $. Diciottesimo "anniversario", 2 dicembre 2002: alcune centinaia di donne in corteo sfilano fin sotto la sede della Dow Chemical chiedendo alla multinazionale americana di non ignorare le proprie responsabilità, consegnando campioni di terra ed acqua inquinati prelevati nei dintorni dello stabilimento chimico. Jhadoo. Vita che necessita vita. Indennizzi irrisori, e comunque non c'è prezzo. W.A., ex amministratore della Dow Chemical: latitante. Risposta della compagnia a stelle e strisce alle richieste della popolazione: denuncia per danni subiti, 10mila $ a carico dei sopravvissuti della tragedia di Bhopal, "colpevoli di aver manifestato per due ore davanti alla sede di Bombay e di aver quindi interrotto le fasi di lavoro nella giornata medesima". Corporate responsability. Un esempio.