La figura di Stefano Pelloni, detto il "Passatore", è piuttosto leggendaria dalle nostre parti.
Si tratta di un brigante del secolo scorso, la cui famigerata banda terrorizzò la Romagna attraverso una lunga serie di scorribande e misfatti a partire dal 1849, tra i quali spiccano l'invasione della città di Forlimpopoli e l'assalto ad una carovana di trasporto valori appartenenti alle autorità pontificie.
Non siamo qui per sostenere miti o leggende che tentano di dipingerlo come "brigante buono" per i suoi modi particolarmente gentili di sottrarre denaro ai ricchi e per la sua sensibilità verso problemi sociali e le cure, anche finanziarie, rivolte a persone bisognose; né cerchiamo in alcun modo di fare apprezzamenti sul suo modo di agire, sulle strategie da lui utilizzate, tra l'altro attaccate a rapporti gerarchici che inevitabilmente si vanno a formare nel contesto di una banda.
Non ci piace neppure l'idea di puntare il dito su di un solo uomo definendolo eroe, rifiutiamo concetti, fin troppo poco significativi, legati al mito dell'uomo che compie grandi gesta, rimanendo sempre saldamente aggrappati al nostro innato spirito iconoclasta.
Chiarite queste cose, evidenziamo le motivazioni che ci hanno spinto a prendere in considerazione il personaggio del "Passatore"; simbolo di non sottomissione e di insubordinazione al potere, del rifiuto di piegarsi a secoli di abusi ed assurde tradizioni, della possibilità di riprendersi giorno dopo giorno ciò che nel corso di una vita è stato sottratto, della capacità individuale di destabilizzare ogni forma di controllo e di rompere un perpetuo stato di accettazione passiva.
Il suo attacco mirato ala Chiesa e alle istituzioni, prolungato negli anni nell'impossibilità di essere fermato né tanto meno tenuto sotto controllo, è l'emblema di come il germe della ribellione possa nascere da chiunque, di come anche senza necessariamente grandi idee e formidabili progetti possa sorgere il desiderio di negare i valori che da sempre hanno dominato, desiderio talmente forte da condurre a stravolgere la propria vita al fine di soddisfarlo attraverso tutti i mezzi a disposizione.
Stefano Pelloni è solo una metafora.
La metafora della consapevolezza, della sicurezza delle proprie potenzialità di lotta, la certezza del fatto che ribellarsi è possibile.
Che ribellarsi esiste.
Che non dobbiamo avere paura di agire, perché una vita di travagli e conseguenze delle proprie azioni, è condanna minore di un' esistenza mai vissuta.