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Fare parte di una società complessa riduce la nostra libertà di scelta. Allo stesso tempo, decidere di viverne ai margini, rifiutando i vincoli imposti dalla reciproca convivenza, acuisce spesso la nostra dipendenza fisica dai bisogni primari, rendendo illusoria la possibilità di autodeterminazione raggiunta. Il compromesso, ovvero lo scendere in qualche modo a patti con il mondo che comunque, volenti o nolenti, ci circonda, è perciò una scelta dolorosa, ma, il più delle volte, inevitabile. Il punto è saper distinguere tra un'accettazione consapevole di quell'insieme minimo di compromessi che permette di liberarsi dai vincoli connessi alla necessità di sopravvivere, e un'esistenza succube di tale logica, che vede l'accettazione passiva di un compromesso dopo l'altro. Infatti, è proprio sul consenso ottuso e passivo della massa-gregge che si fondano i moderni sistemi di potere: democrazie teleguidate in cui essere minoranza equivale a non-esistere e pensare con la propria testa viene giudicato "socialmente pericoloso". Non basta certo l'assenza di lager di stampo sovietico ad assicurare un'effettiva libertà di espressione a chi dissente. L'opposizione di una minoranza scomoda e pericolosa può essere repressa anche con metodi più "puliti" e "civili", come i pestaggi legalizzati nelle questure, i processi iniqui, i maltrattamenti e i finti suicidi in carcere. Dietro le ridicole facce di cartone dei politicanti di destra e di sinistra si nasconde, dunque, una repressione silenziosa e strisciante, che deve essere denunciata e combattuta con tutti i mezzi a nostra disposizione. Occupare, decidere, ostacolare... RIFIUTARE le scelte che ci vogliono imporre.
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