Non so più come mi accadde di raccogliere questa confidenza:
"senza lavoro ne salute, senza progetti ne ricordi, ho relegato lontano da me avvenire e sapere, non possedendo altro che un giaciglio sul quale disimparare il sole e i sospiri. Resto disteso e sgrano le ore; intorno a me utensili, oggetti che mi intimano di perdermi. Il chiodo mi sussurra: trafiggiti cuore, le poche gocce che ne usciranno non dovrebbero spaventarti. Il coltello insinua: la mia lama è infallibile: un istante di decisione e puoi trionfare sulla miseria e sulla vergogna. La finestra si apre da sola, cigolando nel silenzio: lanciati, la mia apertura è generosa: sul selciato, in un batter d'occhio , ti schiaccerai insieme col senso e col nonsenso della vita. E un corda si arrotola come su un collo ideale, assumendo il tono di una forza supplichevole: ti aspetto da sempre, ho assistito ai tuoi terrori, ai tuoi abbattimenti e alle tue collere, ho visto le tue coperte gualcite, il cuscino che la tua rabbia mordeva, come ho sentito le bestemmie di cui gratificavi gli dei. Caritatevole, ti compiango e ti offro i miei servigi. Giacche tu sei nato per impiccarti come tutti coloro che disdegnano una risposta ai loro dubbi o una fuga dalla loro disperazione".
E. M. CIORAN